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IL SOLE 24 ORE: ARBITRI AL TEMPO DELLA VAR

Sul quotidiano Il Sole 24 ore di domenica 8 ottobre 2017, l’articolo “Arbitri al tempo del VAR” che racconta, attraverso la recensione al libro “Il Fischietto e il Pallone”, la storia degli arbitri di calcio italiani.

di Alfredo Sessa

Parla degli arbitri è un po’ come parlare dei supereroi del mondo del pallone. Creature quasi mitologiche, metà atleti e metà giudici, i direttori di gara sono bravi se sono invisibili, precisi e rapidi. Devono tendere all’infallibilità. Oggi gli arbitri di calcio italiani sono in piena trasformazione. Una metamorfosi che aumenta la curiosità per il loro ruolo, e che ne fa probabilmente gli abitanti più interessanti del pianeta calcio.

In oltre 100 anni di storia del movimento (l’Associazione Italiana Arbitri è stata fondata nel 1911), mai come in questo ultimo decennio si è assistito a una evoluzione del settore arbitrale. Lo spartiacque è stato Calciopoli, la pagina più deludente e imbarazzante dei fischietti italiani. Era il 2006 quando emerse un sistema di intimidazioni nei confronti di direttori di gara considerati “non favorevoli”. Un sistema che avrebbe coinvolto dirigenti di squadre di serie A, designatori e arbitri.

La reazione a quegli eventi c’è stata. Ma anche la nascita del professionismo arbitrale, nel 1993, ha qualcosa a che vedere con quanto di positivo constatiamo oggi: direttori di gara atleticamente inappuntabili, cresciuti professionalmente, più liberi di decidere e di comunicare. Più vicini, insomma, a quella perfezione che in Italia, Paese dove chi applica le regole non sempre è visto di buon occhio, si chiede invece alle giacchette nere.

In passato il mondo degli arbitri era attraversato da un arcobaleno di stili e tipi umani.

Direttori di gara dotati di una certa eleganza atletica, di carisma e autorevolezza, alla Concetto Lo Bello da Siracusa, per intenderci, erano affiancati da altri giudici più pittoreschi, magari afflitti da un accenno di pancetta, o troppo inclini al protagonismo e a pose statuaria. Anche l’abbigliamento, in alcuni casi, era un po’ garibaldino, e l’età appariva avanzata.

Oggi, invece, anche nelle serie inferiori si assiste, prima del calcio di inizio di una partita, a impeccabili sedute di riscaldamento dell’arbitro e dei suoi assistenti. I direttori di gara appaiono tirati a lucido, concentrati e professionali mentre intorno ronzano e sudano 22 giocatori. I comportamento in campo, la gestualità, le procedure dei fischietti italiani sono diventate omogenee, improntate a regole prestabilite, senza la vecchia, teatrale invadenza dell’arbitro-personaggio.

La tecnologia Var (Video Assistant Referee), lo staff collocato davanti allo schermo, in collegamento con chi dirige il gioco, è un altro capitolo, ancora tutto da leggere, della lunga storia degli arbitri. Un capitolo segnato dall’avvento delle nuove tecnologie.

Come sta cambiando in profondità la storia del movimento arbitrale italiano lo racconta bene Marcello Nicchi, presidente dell’A.I.A., nel libro-intervista di Carmelo Lentino, Il fischietto e il pallone. Alla base di tutto c’è la recuperata autonomia gestionale, che consente ai fischietti di sentirsi liberi e protetti. Ma non solo: «Oggi – spiega Nicchi- l’arbitro non è più un artigiano, ma un professionista che cura ogni dettaglio.». L’A.I.A. inoltre punta molto sul ricambio generazionale e crea spazio per le nuove leve.

«Il Paese dovrebbe prendere esempio. E anche le società, che investono sempre meno nel vivaio.»
(Marcello Nicchi)

Gli arbitri vanno fieri dei loro “campioni del mondo”: Sergio Gonella, Pierluigi Collina e Nicola Rizzoli, direttori di tre finali dei Mondiali. Il calcio rinasce ogni giorno anche grazie agli arbitri, solitari come giudici iche devono rispondere alla loro coscienza. Le sentenze arrivano puntuali a decine, in ogni partita, nel giro di frazioni di secondo. Var permettendo.

Rassegna stampa de Il Sole 24 Ore

Fonte aia-figc.it

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